giovedì 20 giugno 2013

AUTOAIUTO IN GRUPPO: UN PONTE VERSO L'AUTONOMIA

Nel percorso tortuoso per uscire dalla dipendenza affettiva, la strada maestra è rappresentata dalla convinzione e dalla volontà di perseguire lo scopo primario del proprio benessere e della propria autonomia. Il cammino verso la scoperta di se stessi è spesso ostacolato dalle paure interiori che, anche quando si sperimentano i benefici della propria autodeterminazione, possono ripresentarsi a rideterminare le condizioni di malessere tipiche della dipendenza affettiva.


Accade spesso, anche dopo la fase cognitiva di razionalizzazione del problema e il conseguente sollievo determinato dalla scelta di autosostenersi, di vivere una fase regressiva che riconduce il dipendente al punto dal quale era partito, una sorta di effetto rebound a connotazione affettiva, nella quale si ristabiliscono le condizioni relazionali di vicinanza e prossimità con l'altro che, lungi dall'essere "quel" soggetto corrispondente alle aspettative di accettazione e nutrimento, ripropone la stessa risposta di rifiuto, di disconferma, di negazione.
Nell'esperienza di sconforto che si genera a seguito della fase di ricaduta ad effetto rebound è fondamentale il sostegno della condivione all'interno di un gruppo di autoaiuto, dove i diversi punti di vista dei membri servono, a livello individuale, come ancoraggio alla realtà. La restituzione delle proprie impressioni, rispetto ai vissuti narrati, richiamano il soggetto alla consapevolezza delle proprie risorse e lo riconducono al qui ed ora delle proprie scelte.
Il focus sulle proprie potenzialità, sostenuto dalla restituzione spontanea del gruppo, consente di gestire l'emotività negativa legata alle paure irrazionali ed ai pensieri disfunzionali ad esse correlate, quali ad esempio, la paura di piacere agli altri, il timore del successo, l'ansia da prestazione.

La momentanea fase di inversione di marcia rispetto al percorso intrapreso verso il proprio benessere è un passaggio durante il quale si comprende e si mette a confronto l'esperienza di benessere con l'esperienza di rifiuto, una sorta di confronto tra ciò che è "bene" e ciò che è "male", tra ciò che costituisce una conferma e ciò che rappresenta una disconferma.

In questo processo di ridefinizione dell'essere in relazione con l'altro, sembra entrare in gioco la propria visione di se stessi e del mondo, in una continua ricerca del proprio equilibrio affettivo che si determina nella relazione con l'oggetto d'amore. Così la modalità di entrare in relazione è,  come sosteneva Binswanger (1973), rivolgersi alla persona nel suo esser-ci per e con l'Altro.

La persona si realizza attraverso la sua possibilità di declinarsi attraverso l'amore e lo scambio con l'altro, e ciò rappresenta il rischio che la propria libertà sia limitata, in quanto condizionata dall'accettazione dell'altro. Il difficile equilibrio della relazione, si concretizza nel rispettare l'altro senza tradire se stessi, senza dover modificare ciò che si è per corrispondere alle esigenze altrui. Soltando rispettando se stessi, si avrà una vita autentica, si avrà la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità, riconoscendosi nell'esistenza che si conduce, altrimenti si andrà incontro a un'esistenza inautentica, in quanto si è tradito il proprio fondamento (Costa, 1987).

Angela Tosoni

Riferimenti bibliografici:
Biswanger, L. (1973), Essere nel mondo. Astrolabio, Roma.
Costa, A. (1987), Il mondo come progetto. Studiorum, Roma.

lunedì 10 giugno 2013

CRESCERE IN RELAZIONE

La vita affettiva dell'adulto si sviluppa attraverso relazioni privilegiate, a forte connotazione emotiva, queste relazioni (ed in particolare la relazione amorosa) hanno una funzione nutritiva nell'evoluzione individuale. L'affettività nutriente, centrale allo sviluppo, determina la capacità di interagire con la realtà esterna, mettendo in atto quelle competenze relazionali che sono distintive dell'equilibrio esistenziale, quali l'autostima, la fiducia in se stessi, la possibilità di affermarsi.
Lo spazio del benessere soggettivo si snoda in un continuo scambio relazionale dove l'incontro con l'altro è intersoggettività, ovvero possibilità di mutuo arricchimento che favorisce l'evoluzione.

La relazione privilegiata, così come la relazione amorosa, si realizza in un continuum di DIPENDENZA e DIFFERENZIAZIONE, dando luogo a quelle caratteristiche di incertezza tipiche dello scambio con l'altro. Il concetto di differenziazione dell'"io" rispetto al "noi" è centrale nell'equilibrio della coppia e si connota come "delimitatore" dello spazio personale, rispetto all'eccessiva fusione presente nelle dinamiche intersoggettive della coppia stessa.

La differenziazione è spesso temuta, soprattutto dai soggetti affettivamente dipendenti, come possibile forza distruttiva che espone al rischio di abbandono. La paura dell'abbandono è un rischio costante a cui si è esposti nella vita di relazione, spesso è una condizione ed una percezione soggettiva e come esperienza esistenziale presente nella vita dell'adulto, rende vulnerabili ed esposti alla sofferenza (Winnicott, 1974).

L'esperienza di sofferenza correlata al senso di abbandono è necessaria alla crescita evolutiva: il bambino per evolvere in modo sano, si separa dalla simbiosi materna, se così non fosse ne resterebbe soffocato! Allo stesso modo, l'esperienza di abbandono nell'età adulta, permette di sviluppare il concetto di solitudine esistenziale, superando l'illusione del "per sempre". La solitudine interiore, quello stato particolare di "essere con se stessi", non può essere trasmesso all'esterno, nemmeno nel più intimo dei rapporti affettivi.

La solitudine esistenziale, esperita come condizione umana, più che come "senso d'abbandono" rappresenta una conquista, cioè la capacità di "essere per se stessi", di "bastare a se stessi", solo raggiungendo tale conquista, si può sciogliere il giogo del legame che impedisce l'autonomia emotiva. Solo bastando a se stessi, si realizza l'esperienza interiore di autocontenimento, di prendersi cura di sé, presupposto fondamentale che consente di superare il rischio dello stress emotivo che si vive nelle relazioni disfunzionali.

Nell'esperienza di autocontenimento vi è un maggiore benessere individuale e, conseguentemente, una migliore capacità d'interagire con l'altro, attuando quelle modalità flessibili che permettono di essere "con" l'altro e "per" l'altro tanto quanto "con" e "per" se stessi, in un divenire costante che regola la nostra esperienza intersoggettiva con il mondo.

Angela Tosoni

Riferimenti bibliografici:

Winnicott, D. (1974) Sviluppo affettivo e ambiente: studi sulla teoria dello sviluppo affettivo. Armando, Roma.