mercoledì 21 settembre 2011

"LA PSICOLOGIA DELL'AMORE"

" [...] Molti disturbi dello spettro ansioso-depressivo nascono all’interno della storia famigliare e si rendono evidenti soprattutto nella relazione di coppia.
Spesso bisogni di dipendenza non adeguatamente colmati durante l’infanzia, possono estrinsecarsi nel bisogno coatto di protezione e di attaccamento simbiotico nella vita adulta. Tipico esempio di ciò lo ritroviamo nell’ossessione d’amore, in cui l’altro, spesso sfuggente, diventa il nostro salvatore, la droga da cui dipende la nostra felicità, per cui arriviamo ad annullarci. 


Tale situazione indica una difficoltà a volersi bene, a prendersi cura di sé e la delega all’altro della responsabilità del nostro benessere. Ciò può sfociare anche nella gelosia patologica che rivela una profonda insicurezza, il bisogno continuo di controllare e possedere l’altro, il quale diventa una nostra proprietà.


[...] L’amore e la sessualità sono dimensioni profonde dell’essere umano e la loro importanza nell’equilibrio soggettivo è ampiamente provata; molte sofferenze e forme di disagio psicologico nascono proprio dall’incapacità di gestire le relazioni amorose in modo adeguato. Esiste quindi una psicologia dell’intimità ancora poco conosciuta e strettamente legata alle caratteristiche di personalità dei partner, in cui un ruolo fondamentale è giocato dal loro livello di dipendenza-indipendenza. 

Una eccessiva dipendenza può essere fonte di disagio in quanto può creare una confusione di ruoli ed una riduzione dell’autonomia del singolo, può limitare la creatività e generare frustrazione, così come un’eccessiva indipendenza può causare problemi e portare alla rottura; l’interdipendenza invece, ossia la dipendenza reciproca nel rispetto delle sfere di autonomia, è un collante efficace per la coppia, che consente di conciliare i bisogni di sostegno e condivisione con quelli di autonomia ed esplorazione. Le riflessioni proposte invitano a riflettere per diventare più sensibili a quei campanelli d’allarme che possono aiutare ad individuare precocemente segnali di disagio o di sofferenza, per favorire una maggiore consapevolezza rispetto alla propria vita affettiva".



                                                          Tratto da un articolo della dott.sa Barbara Corte
                                                                      Psicologa e psicoterapeuta
(

venerdì 16 settembre 2011

TRATTI TIPICI DI UN DIPENDENTE

" [...] I tratti che caratterizzeranno l’individuo dipendente saranno, quindi: insicurezza nell'esplorazione del mondo, forte senso di colpa, convinzione di non essere amati, incapacità di sopportare distacchi prolungati nel tempo, ansia da abbandono, sfiducia nelle proprie risorse e capacità e fiducia, invece, in quelle altrui.
                
L
'individuo permetterà passivamente che gli altri dirigano la sua vita, evitando di fare richieste per paura di perdere queste relazioni considerate un vero e proprio rifugio. Tutto ciò comporta un’estrema dipendenza che si manifesta con la difficoltà a prendere delle decisioni importanti e soprattutto autonome. Detto individuo avrà necessità di continue ed ulteriori rassicurazioni da parte di persone per lui significative. Ci sarà una predisposizione alla depressione. 

L'individuo con personalità dipendente si sente inadeguato ed incapace di affrontare il mondo e la vita con le proprie forze. “L’energia deve venire dall’altro, da colui che funge da mediatore nel rapporto tra lui e l’ambiente” (G. Delisle, I disturbi di personalità, Sovera, 1992). 

Gli individui dipendenti solitamente cercano una o poche relazioni esclusive, sia con il partner che con gli amici, così da riprodurre quello schema comportamentale instauratosi nella fase post-natale. Soprattutto scelgono persone che sembrano in grado di affrontare la vita e che si possano prendere cura di loro. Si potrebbe dire che investono su queste figure di riferimento, affinché queste ultime si facciano carico delle responsabilità che altrimenti spetterebbero a loro in prima persona. Il soggetto dipendente pur di compiacere l'altro evita il conflitto ed ogni sorta di controversia per il timore dell’abbandono, rinnegando il proprio vero Sè.

Quando la relazione dipendente finisce, il soggetto molto probabilmente potrebbe sentire un sentimento di disgregazione con tendenza alla disperazione, come se una parte di sè fosse inevitabilmente andata persa e unico palliativo e soluzione sarà trovare subito una relazione sostitutiva per ristabilire il legame appunto dipendente, ossigeno indispensabile per la propria sopravvivenza.


La personalità dipendente, poi, è caratterizzata da uno stato di sottomissione e adesività. Sembrerebbe che nelle famiglie di detti soggetti ci sia un elevato controllo e una ridotta espressività di se stessi, del proprio modo di essere, di agire e di sperimentare. Nelle relazioni di coppia il soggetto con personalità dipendente, come abbiamo detto in precedenza, andrà a cercare quel legame simbiotico che aveva con la madre.

All’inizio del rapporto sarà l’ansia l’emozione fortemente sentita, tanta l’incertezza e la paura dell’abbandono che, conseguentemente, non favorirà né il proprio benessere nè quello dell’altro, emergendo modalità relazionali caratterizzate da un aggrapparsi ansioso, o da richieste eccessive. Ma anche dopo il consolidamento del rapporto stesso si avrà paura che l’altro non ricambi effettivamente il sentimento. Solo se quest’ultimo si assoggetterà ad una vicinanza costante, se verrà incorporato, potrà diminuire l’ansia invece percepita.

Come dice Antony Storr, incorporare un’altra persona “significa ingoiarla, sopraffarla e distruggerla; e quindi alla fine trattarla come se non fosse una persona completa. Identificarsi con un’altra persona significa perdere se stessi, immergere la propria identità in quella dell’altro, essere sopraffatti, e quindi trattare se stessi, infine, come una persona non completa” (M. James – D. Jongeward, Nati per vincere, Ed. San Paolo, Torino, 2005). Prevalente è anche l’ossessione dell’altro, la gelosia esasperata, frutto di forte insicurezza verso se stessi e gli altri, e l’ossessività.                                                                              

Questo rapporto simbiotico nell’interruzione del ciclo del contatto gestaltico corrisponde alla confluenza, cioè quando due persone fondono tra di loro sentimenti, atteggiamenti e credenze, senza capire quali sono i rispettivi confini e dove differiscono. Sono una cosa sola, una sola persona. Tutto questo è sano in un rapporto sentimentale durante l’unione amorosa, ma diventa disfunzionale quando poi a questa simbiosi non addiviene un ritiro fertile, dove “masticare ed assimilare” (E. Giusti – V. Rosa, Psicoterapie della Gestalt – Integrazione dell’evoluzione pluralistica, A.S.P.I.C. Edizioni Scientifiche, Roma, 2002) l’esperienza appena vissuta e riconquistare il proprio confine e la propria identità.

Non è sano costruire la nostra vita attorno ai bisogni dell’altro, sacrificare la spinta vitale, l’autonomia e la crescita personale per ricevere in cambio protezione, l’affetto non va scambiato con il bisogno. Quando questo è simbiotico ci limita e ci mantiene in una condizione di immaturità e di insicurezza cronica generando insofferenza".

 
                                                          Articolo tratto da www.artcounseling.it

martedì 6 settembre 2011

L'INSICUREZZA NELL' ETA' ADULTA

"Nell'età adulta il sentimento di insicurezza legato ad un attaccamento patologico, darà luogo a diverse manifestazioni affettive: preoccupazioni su dove si trovi la figura d'attaccamento, mancanza di fiducia in questa persona, rabbia e risentimento nei suoi confronti, incapacità di chiedere o di utilizzare il suo sostegno in caso di bisogno, assenza di sentimenti d'amore o difficoltà a staccarsi da lei.

L'insicurezza è intrinsecamente legata al vuoto, alla mancanza, all'assenza all'ignoto, al silenzio, ma anche alla perdita di controllo, all'assenza di abilità, alla morte.
[...]
Tra il fobico che evita l'ignoto, l'ossessivo che crea delle difese di fronte a ciò che non conosce, o ancora l'additivo che si attacca ad un oggetto per non affondare, come non accorgersi che esiste un legame con la nostra condizione di mortali?"

                                                                                Tratto da
                                                                     La dipendenza amorosa
                                                                   di Francois-Xavier Poudat