martedì 13 dicembre 2011

DIPENDENZA AFFETTIVA E RELAZIONI OGGETTUALI

Nello svilupparsi degli incontri del gruppo di auto aiuto le esplorazioni condivise in relazione al tema “dipendenza affettiva” presentano un forte legame tra quanto vissuto nel qui ed ora nelle esperienze di relazione con ciò che è accaduto “altrove”. L’altro, l’oggetto dell’attenzione e della carica affettiva, dal quale è difficile rendersi autonomi e indipendenti viene vissuto come presenza totalizzante che si aggancia ad un bisogno inespresso e il più delle volte inconscio. Spesso questo altrove rimanda alla relazione con le figure di attaccamento, alle relazioni oggettuali così come le ha definite da Melanie Klein nei primi studi psicoanalitici sullo sviluppo del bambino. Numerosi studi scientifici hanno ormai reso noto che esiste uno stretto connubio tra lo stile di attaccamento sviluppato nelle relazioni primarie della vita infantile e la modalità di essere in relazione manifestata nella vita dell’adulto. Dopo la Klein, troviamo tra gli autori che hanno indagato la dimensione della relazione primaria Winnicott e Bolby, che hanno descritto la relazione di attaccamento partendo dalle sue caratteristiche e individuandone le modalità attraverso le quali la relazione si sviluppa. Prima ancora, gli studi di Spitz avevano già evidenziato le possibili patologie sottostanti le carenze di cure parentali nelle varie fasi dello sviluppo psicologico del bambino. Margaret Mahler ha approfondito le caratteristiche della relazione oggettuale e le sue implicazioni nella vita affettiva dell’adulto ne “La nascita psicologica del bambino”. Tutti gli studi effettuati nel corso degli anni tendono ad evidenziare le possibili disfunzionalità derivanti da un arresto nello sviluppo affettivo nei primi anni di vita, tali studi hanno ormai stabilito che la fase 0-3 anni è il periodo critico nel quale si gettano le fondamenta dello sviluppo psicologico dell’adulto, la cosiddetta base sicura.La madre con le sue cure e la sua identificazione con il bambino impara a conoscere e a rispondere ai suoi bisogni e gli permette il passaggio da uno stato di autismo primario a una graduale consapevolezza dell’ambiente esterno, attraverso un rapporto di tipo simbiotico, come Margaret Mahler ha efficacemente descritto” (G. Bollea, 1980).
Poiché la relazione oggettuale è funzionale alla sopravvivenza, la sua possibile compromissione mette in pericolo di vita il soggetto che ne è dipendente. E’ da questa condizione di dipendenza che si snoda il processo di individuazione e separazione (M. Mahler, 1978) attorno al quale si costruisce la vita psicologica dell’adulto, con particolare riferimento alla sua capacità di vivere relazioni affettive gratificanti.
Dunque, la correlazione esistente tra relazione oggettuale infantile e capacità e qualità della vita emotiva dell’adulto rappresenta la dimensione intrapsichica della indipendenza/dipendenza affettiva.  Tale dimensione entra in gioco ogni qual volta si sceglie una figura affettiva che assume un significato prioritario ed emergente rispetto ad un’alterità indifferenziata. Ciò significa che si può sviluppare una forma di attaccamento dipendente non soltanto verso la persona della quale “ci si innamora”, ma anche nei confronti di persone che scegliamo in quanto esseri speciali, persone che hanno quelle caratteristiche che ci riportano a quell’esclusività del rapporto simbiotico sperimentato “altrove”, o ancora, persone che hanno per noi una valenza affettiva legata alla qualità della relazione che abbiamo con esse.
Non a caso, laddove si sviluppa dipendenza con una figura significativa, l’adulto torna a quello stato simbiotico che costituisce la fase iniziale della relazione oggettuale e che coincide con il primo stadio di evoluzione psicologica del bambino. Proprio come il neonato necessita di cure costanti e continue da parte di una figura primaria di attaccamento, che ne determina la sopravvivenza, l’attaccamento o l’innamoramento nell’età adulta ripercorre lo stesso modello di interazione della fase simbiotica. Lo stato simbiotico esige un rapporto esclusivo con l’oggetto d’amore ed è escludente nei confronti del resto del mondo, esperito come ostacolo alla relazione. L’esclusività della relazione assume così una doppia valenza: una interna al legame, d’intimità esclusiva privilegiata (solo tu hai accesso alla mia anima); un’altra esterna al legame, tendente ad escludere, a lasciare fuori tutto ciò che è altro dalla relazione stessa.
Il processo intrapsichico dell’individuazione/separazione descritto dalla Mahler come percorso di crescita e maturazione psicologica, viene meno nella fase acuta di  dipendenza, quando l’altro, oggetto d’amore, è vissuto appunto come oggetto da introiettare e necessario al benessere psicologico, senza il quale sembra impossibile andare avanti.
Prendere coscienza dei meccanismi che sono alla base dello stile di attaccamento individuale è uno primo step necessario per dare ascolto ai propri bisogni, anche a quei bisogni inconsci che non trovano espressione e che sono alla base della dipendenza affettiva.
Riferimenti bibliografici:
Bollea, G. (1980) Compendio di psichiatria dell’età evolutiva Bulzoni Editore
Bolwby, J.(2000) Attaccamento e perdita Bollati Boringheri
Margaret Mahler ( 1978  ) La nascita psicologica del bambino Bollati Boringheri

Angela Tosoni

G.A.D.A. Autoaiuto

sabato 10 dicembre 2011

SENTIRSI SBAGLIATI


sentirsi sbagliati"Quando la relazione primaria non ha permesso di sviluppare fiducia in se stessi, in gergo psicanalitico si dice che non abbiamo interiorizzato un oggetto interno 'buono'. Intendendo per oggetto interno una relazione sufficientemente buona, che una volta interiorizzata funzioni come base sicura interiore. Se nei primi scambi diadici il messaggio ricevuto è stato di sfiducia, di non accoglienza, ci sentiremo tutta la vita come un oggetto 'difettoso', da riparare. Un modo per cercare di riparare questa relazione insoddisfacente interiorizzata è quella di cercarsi un partner con caratteristiche simili a quelle delle prime figure accudenti, e cercare di farci amare da lui/lei. E inevitabilmente invece ci ritroviamo a rivivere la stessa sensazione di non essere amati. Inizia così lo sforzo riparatorio, la richiesta proiettiva sull'altro. Essendo convinti di non meritare amore, di essere sbagliati, cerchiamo una conferma disperata a quanto profondamente crediamo. E quanto pensiamo lo ritroviamo scritto all'esterno, nei giudizi altrui, in cui dolorosamente ci specchiamo".



                                                                    Dott.sa Ameya G. Canovi
                                                                        

                                                                           Psicologa

                                                                                            http://amoredipendente.splinder.com/tag/profezia+autorealizzante 

giovedì 8 dicembre 2011

OSSESSIONE D'AMORE: LA DIPENDENZA AFFETTIVA


“L’amore, rappresenta il bisogno e la capacità di trascendere noi stessi e, insieme ad un altro, creare una realtà nuova. Talvolta, quando si altera l'equilibrio tra il dare e il ricevere, tra il proprio confine e lo spazio condiviso, l'amore può trasformarsi, invece che in un'occasione di crescita e arricchimento,  in una gabbia senza prospettive di fuga, con pareti fatte di dolore. Questo è quello che succede quando si scivola nella dipendenza affettiva. La dipendenza affettiva è una forma patologica di amore caratterizzata da assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva, in cui l'individuo, “donatore d'amore” a senso unco,  vede nel legame con un altra persona, spesso  problematica o sfuggente, l'unico scopo della propria esistenza e il riempimento dei propri vuoti affettivi.
Non sempre  la differenza tra amore e dipendenza affettiva è netta. Può addirittura accadere che i due fenomeni si confondano.

La chiave di distinzione sta nel grado di autonomia dell'individuo e nella sua capacità di trovare un senso in se stesso. Diversamente da quanto comunemente si crede, l'amore nasce dall'incontro di due unità, non di due metà. Solo per si percepisce nella sua completezza è possibile donarsi senza annullarsi, senza perdersi nell'altro. Chi è affetto da dipendenza affettiva, non essendo autonomo,  non riesce a vivere l'amore nella sua profondità e intimità. La paura dell'abbandono, della separazione, della solitudine generano un costante stato di tensione. La presenza dell'altro non è più una libera scelta ma  è vissuta come una questione di vita o di morte: senza l'altro non si ha la percezione di esistere. I propri bisogni e desideri individuali vengono negati e annullati in una relazione simbiotica.

La dipendenza affettiva, diversamente da quanto a volte si manifesta all'evidenza, non è un fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due. A volte il partner del “dipendente affettivo” è un soggetto problematico, che  maschera  la propria dipendenza affettiva con una dipendenza da droga, alcol o gioco d'azzardo. In questo caso i problemi del compagno diventano la giustificazione per dedicarsi interamente all'altro bisognoso, non prendendosi il rischio di condurre un'esistenza per sé.
Altre volte la persona amata è rifiutante, sfuggente o irraggiungibile, per esempio sposata o non   interessata alla relazione.  In  entrambi i  casi quello che seduce è la lotta: la dipendenza si alimenta del desiderio di essere amati proprio da chi non ci ricambia in modo soddisfacente, e cresce in proporzione al rifiuto, anzi se non ci fosse quest'ultimo, il presunto amore non durerebbe.
La persona che ha una dipendenza affettiva di solito soffoca ogni desiderio e interesse individuale per occuparsi dell'altro ma inevitabilmente viene  delusa e il suo amore prende la forma del  risentimento. Allo stesso tempo non riesce ad interrompere la relazione, in virtù di ciò che definisce “amare troppo”, non rendendosi conto che questo comportamento distrugge l'amore che richiede invece autonomia e reciprocità.


Nella dipendenza affettiva, ciò che viene sperimentato come amore diventa una droga. I sintomi della dipendenza sono gli stessi :
  • ebbrezza : il soggetto  prova una sensazione di piacere quando sta con il partner, che non riesce ad ottenere in altri modi e che gli è indispensabile per stare bene.
  • tolleranza: il soggetto cerca dosi di tempo sempre maggiori da dedicare al partner,  riducendo sempre di più il  proprio tempo autonomo e i contatti con l’esterno
  • astinenza: il soggetto sente di esistere solo quando c'è l'altro, la sua mancanza lo getta in uno stato di allarme. Pensare la propria vita senza l'altro è inimmaginabile. L'altro è visto come l'unica fonte di gratificazione, le attività quotidiane sono trascurate, l'unica cosa importante è il tempo trascorso con l'altro.
  • incapacità di controllare il proprio comportamento: una riduzione di lucidità e capacità critica che crea vergogna e rimorso e che in taluni momenti viene sostituita da una temporanea lucidità, cui segue un senso di prostrante sconfitta e una ricaduta nella dipendenza ,che fa sentire più imminenti di prima i propri bisogni legati all’altro. Questi processi si colorano di rabbia e senso di colpa."
                     
                                                         Tratto da un articolo della Dott.ssa Barbara Corte
                                                                         Psicologa e psicoterapeuta

http://www.supportopsicologico.org/articoli/dipendenza-affettiva-difficolta-relazionali.htm