martedì 14 maggio 2013

Amore fantasticato e paura dell'intimità

Gli amori intensi e basati sulla fantasia hanno una funzione “difensiva”. Moltissime sono le persone che sentono il bisogno di tradire il/la partner con cui liberamente hanno scelto di dividere la propria vita e di cui peraltro non riuscirebbero a fare a meno (anche il tuo chattare può essere considerata una forma di tradimento, come ben sai, se non altro a livello di fantasia). Gli amanti, le relazioni clandestine sono sempre esistite, dal tempo dei tempi e ben prima che nascesse Internet, e non possono essere risolte facilmente,  il loro amore si rinforza nella clandestinità, nel luogo fantastico dell'altrove irraggiungibile. Più è impossibile la realizzazione della "storia" su un piano di realtà, più sono “amanti”, cioè più sono clandestini, più esiste una coppia ufficiale dalla quale sono esclusi, in una dimensione di esclusione/esclusività, da l'illusione dell'amore profondo, contrastato, irrealizzabile e quindi perfetto. Se la questione degli amanti fosse una questione di amare un’altra persona più del(la) partner, allora basterebbe separarsi e mettersi con l’amante, ed il "problema" sarebbe risolto...
 Ma non a caso ciò viene evitato da quasi tutti. Naturalmente a livello conscio questa verità non viene riconosciuta, anzi, gli amanti soffrono e si lamentano della loro condizione. Eppure vi sono innumerevoli esempi che dimostrano che la condizione dell’amante è bella appunto proprio perché è clandestina, irregolare, è da questa condizione di non ufficialità che trae la sua linfa vitale. Se la coppia ufficiale si separa, non raramente anche gli amanti subito si separano perché cessa improvvisamente l’amore, l’attrazione sessuale che prima era così forte ora non c’è più. Oppure, se la coppia degli amanti diventa quella ufficiale, presto uno dei due sente uno strano desiderio di innamorarsi di un’altra persona, si guarda attorno, prova varie simpatie, sente il bisogno di ricreare una situazione triangolare.

Come si spiega tutto ciò? La psicologia ha proposto tante teorie al riguardo. La psicoanalisi ad esempio, fin dai tempi di Freud, affrontò questo problema di petto, e fece l’ipotesi che vi fosse una paura inconscia verso la condizione monogamica, ufficiale, “normale”, paura che inevitabilmente porta alla frigidità e alla depressione (pensa a quelle tante coppie di coniugi che, totalmente ignari delle proprie dinamiche inconsce, razionalizzano la loro difficoltà a stare bene insieme dicendo che alla sera “si annoiano a guardare sempre la televisione”, oppure a quelli che dicono che “è la convivenza che toglie vitalità al matrimonio quando ben sappiamo che per altre coppie è proprio la convivenza che fa crescere i sentimenti e il piacere di stare insieme).
Il bisogno profondo di vivere qualcosa di bello con la propria fantasia, di “evadere”, di provare sentimenti intensi — bisogno perfettamente legittimo — potrebbe insomma essere concepito non “in positivo”, ma “in negativo”, cioè come il tentativo disperato di provare determinati sentimenti dato che il soggetto non riesce a provarli nel modo “normale” perché ne ha paura. L’unica possibilità per lui è appunto di viverli in un situazione non vera, parziale, non ufficiale, in cui si sente meno responsabile di quello che fa, forse meno “in colpa” (infatti è proprio il senso di colpa — di natura incestuosa, derivante dalla identificazione nella coppia dei genitori — una delle ipotesi avanzate dalla psicoanalisi per questi fenomeni, riconducibili per brevità al paradigma classico dell’isteria). Chi quindi gode tanto in questi bei rapporti di fantasia (e, appunto, non di realtà!) non sarebbe più virile o interiormente più ricco, non avrebbe una vita affettiva più intensa, ma sarebbe semplicemente un impotente, una persona che ha paura della intimità affettiva e sessuale, forse anche della amicizia vera.
di Consuelo Vaccarella

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