lunedì 13 giugno 2011

DIARIO DI BORDO 25 MAGGIO 2011

            Mercoledì 25 maggio ha preso il via l’attività del gruppo, con un’ottima partecipazione sia come numero delle persone presenti (otto), sia come interesse e voglia di mettersi in gioco. Un po’ d’apprensione aveva caratterizzato i giorni precedenti, nei quali abbiamo cercato di organizzare al meglio l’avvio del gruppo. Nella fase iniziale, soprattutto nella ricerca della sala per gli incontri, ci siamo sentite quasi baciate dalla fortuna, dallo snodarsi di eventi favorevoli che sembravano sostenere la nostra iniziativa. Infatti, il centro che ci ospita il C.O.B.A.S.C., ovvero le  persone che lo gestiscono, si sono mostrate estremamente disponibili e sollecite nel cercare di darci una mano. Vi abbiamo  trovato un clima favorevole ed una filosofia di gestione orientata allo sviluppo di una rete di competenze molteplici. Grazie alla comodità del luogo, San Giovanni, facilmente raggiungibile si è pian piano sviluppata in noi l’idea che il nostro progetto, non solo era possibile, era anche concretamente realizzabile in tempi brevi. Ed in effetti i tempi sono stati talmente immediati da superare di gran lunga la più ottimistica delle immaginazioni, se, come è vero, sono passati soltanto trenta giorni dall’idea iniziale partita intorno ad un tavolo di un bar immerso in un parco pubblico di Roma, il giorno di Pasquetta, e l’effettiva concretizzazione del gruppo G.A.D.A.
            Ciò che più ci interessava nell’avvio del gruppo, era dare la possibilità a tutti i partecipanti di farsi parte attiva del gruppo stesso, non soltanto attraverso il mettersi in gioco nell’esplorazione della problematica “dipendenza affettiva”, ma anche ad essere parte integrante, così da creare quella giusta sinergia che facesse sentire ognuno protagonista nel sistema di relazioni, attivo nelle iniziative da intraprendere per affrontare il tema, ed infine emotivamente coinvolto nei vissuti dei singoli membri, così da creare una base comune di partenza e un contatto empatico nel dare supporto e sostegno a “cementificazione” del gruppo.
            Per rompere il ghiaccio, abbiamo pensato di costruire una scaletta di attività d’apertura scegliendo il conduttore, le tematiche d’affrontare in prima battuta ovvero, che cosa s’intende per gruppo di auto aiuto, perché abbiamo pensato ad un gruppo sulla dipendenza affettiva, che cos’è la dipendenza affettiva, darci le regole del gruppo ed infine leggere un brano tratto da uno dei più famosi best seller sulla dipendenza affettiva: il libro Donne che amano troppo di Robin Norwood. Queste prime interazioni hanno rappresentato “lo spartito” iniziale dal quale ha preso avvio il “movimento” corale del gruppo, grazie alle quali si è subito creato un clima favorevole alla condivisione, che ha permesso a tutti i membri di esprimere il loro sentire e portare la loro esperienza, anche dolorosa, nel gruppo, consentendo ad ognuno di aprirsi liberamente, sulla base dei vissuti e della volontà individuale di partecipazione.
            Attraverso le esperienze individuali di dipendenza affettiva, in questo primo incontro abbiamo avuto modo di mettere in relazione le difficoltà psicologiche esperite rispetto alla tematica, ed il rapporto con il padre, figura di riferimento per ognuno di noi. Sono emersi i primi temi comuni (quasi come fosse un sottile filo rosso che tenesse insieme tutte le esperienze) a tutti i vissuti, ad esempio, il bisogno individuale di essere sempre rispondenti alle aspettative dell’altro, la negazione dei propri bisogni perché troppo presi dai bisogni altrui; il concetto d’amore irraggiungibile e che come tale richiede ogni sacrificio, ogni sforzo d’abnegazione per poterselo meritare; la mancata accettazione di se stessi che induce ad essere sempre più rigidi e richiedenti rispetto alle aspettative che immaginiamo l’altro possa avere di noi. Abbiamo avuto modo di confrontare i vissuti affettivi e correlarli ai rapporti affettivi con le figure primarie, normalmente il genitore dell’altro sesso, ed è quindi emersa la figura paterna, spesso sperimentata come assenza o, al contrario, come presenza altamente richiedente. Attraverso la condivisione dei vissuti è emersa una caratteristica comune, ovvero la tendenza a riprodurre nei rapporti successivi lo stesso modello appreso nell’infanzia, quindi la dipendenza affettiva diventa una modalità per stabilire rapporti con i partner, con gli amici, con i colleghi di lavoro, in altre parole diventa un modo di essere in relazione con l’ambiente.
            Dal primo incontro è scaturita una buona sinergia, sostenuta dalla volontà di partecipazione e dalla voglia di mettersi in gioco, anche in maniera propositiva, sperimentata da tutti i partecipanti. Per il momento come attività abbiamo proposto il cross reading creando una piccola biblioteca sul tema del gruppo che ha riscosso notevole interesse.

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